lunedì 29 giugno 2015

MI Scala Lucia di Lammermoor

Milano Teatro alla Scala
LUCIA DI LAMMERMOOR 
di Donizetti
(recita del 3 giugno 2015)
Recensione di Giosetta Guerra
Dopo le confuse proiezioni sull'ouverture, semplici elementi e contrasti cromatici caratterizzano gli ambienti dell'allestimento di Mary Zimmermann creato al Teatro Metropolitan di New York e ripreso alla Scala da Patrizia Frini, ma quel che domina è l'atmosfera cupa dello Sturm unt Drang, la nuova sensibilità romantica s'interseca con l'interesse per il racconto gotico. Predominano i colori scuri sia nelle scene classiche firmate da Daniel Ostling che nei costumi tradizionali disegnati da Maria Blumenfeld, eccezion fatta per il salone delle feste, e le luci ideate T. J. Gerckens spesso son calate dall'alto.
Iquesto clima d'amore e di morte spicca la solarità e il carisma di Vittorio Grigolo nel difficile ruolo di Sir Edgardo di Ravenswood, l'eroe romantico di byroniana memoria, che sortisce con un appassionato duetto con Lucia, l’accento eroico e l'interpretazione intensa e disperata dell'aria “Sulla tomba che rinserra”, iniziata a mezza voce e condotta con la messa di voce verso una sonorità piena e brillante, definiscono i contorni di un personaggio esuberante e teatralmente accattivante. 
Grigolo tinge di sentimento la sua bella cavata di voce, è travolgente nel gesto e impetuoso nel canto di passione al momento dell'invettiva “Maledetto sia l'istante”, 


capace di un bellissimo canto a voce piena con fiati lunghi, squillo sicuro, acuti sonori e lanciati, trascinante per l'enfasi dell'interpretazione, purtroppo nella serata in questione la sua indisposizione di salute ha un po' inficiato il canto a mezza voce. Cantando a una voce con la sua amata “Verranno a te sull'aure”, i due artisti fanno emergere il piglio virile di Edgardo e la fragilità femminile di Lucia.

 















Il soprano Elena Mosuc nel ruolo di Miss Lucia esordisce con una linea di canto un po' faticosa, esibisce una vocetta aguzza che si addolcisce nei bei filati e ha poco spessore nei gravi (“Regnava nel silenzio”); la cantante conosce l'uso della messa di voce, l'arte di trillare e di smorzare i filati in acuto, si destreggia ma non eccelle nell'alto virtuosismo, a volte molto fiorito, della scrittura vocale, legata alla tradizione belcantistica, i sovracuti sono un po' tirati e ballanti e manca il rapimento estatico (“Quando rapita in estasi”). Accorata nell'accattivane duetto col fratello dopo la lettura della falsa lettera, emette acuti lanciati e sottoscrive la sua condanna con filati sonori passando attraverso una magnifica messa di voce. Nella scena della follia, introdotta dal suggestivo suono della glassharmonica, strumento idiofono del 1700 composto da bicchieri di cristallo suonati mediante lo sfregamento dei bordi con le dita bagnate, la voce del soprano ha poco spessore ma poi aumenta alla vista del fantasma, il canto a singhiozzi di “Alfin son tua” la rende più giocosa che delirante, i trilli con la glassarmonica sono brillanti, precisi vocalmente come i filati e i sovracuti, ma manca quella linea di canto sospesa estraniata, che si accompagna ad una figura stravolta, la Mosuc è più una bimba che gioca che una pazza.
Il baritono Gabriele Viviani canta in modo irruento e non punta sull'eleganza del fraseggio per far emergere il dispotismo di Lord Enrico Ashton, fratello di Lucia assetato di vendetta e legato all'onore della famiglia, esibisce bella voce ampia corposa e sostenuta, dizione chiara, emissione sciolta, ma l'acuto è faticoso e poco sonoro nella cabaletta “La pietade in suo favore”, pone foga e sicurezza d'emissione nelle esplosioni di furore con buon sostegno orchestrale, ma perde peso e spessore verso la fine.
Raimondo Bidebent, uomo di chiesa chiuso nel suo moralismo, ha la voce dal bel colore scuro del basso Alexander Tsymbalyuk, che porge in modo morbido e con rotondità del suono, ma dovrebbe eliminare quel leggero vibrato (“Ah! Quella destra di sangue impura”) e migliorare la fluidità d'emissione.
Il tenore Juan José de Leòn fa sentire la sua bella voce acuta nel ruolo di Lord Arturo Bucklaw, lo sposino sfigato di Lucia.
Presenti in scena anche due allievi dell'Accademia di Perfezionamento per Cantanti lirici del teatro alla Scala: Chiara Isotton, un mezzosoprano poco sonoro ma corretto nel ruolo di Alisa, e il tenore leggero Edoardo Milletti in quello di Normanno.
La musica è febbrile per l'alternarsi delle passioni, l'Orchestra del Teatro alla Scala, diretta da Stefano Ranzani, non si limita ad accompagnare le voci, ma in certe situazioni diventa coprotagonista; gli strumenti penetrano nell'animo dei personaggi e ne descrivono affetti e sentimenti di varia natura, dalla veemenza degli scontri maschili alla malinconica fragilità della protagonista sottolineata dall'arpa, dal colore romantico dei corni nel preludio e nei morbidi assolo successivi al climax drammatico della scena della follia accentuato dal suono delicato e penetrante della glassarmonica capace di produrre profondo turbamento, l'orchestra fa sentire la sua presenza senza esporsi, cullante e carezzevole nei duetti, cesella bei ricami orchestrali per Lucia, sprigiona brillantezza nelle pagine corali dei festeggiamenti nuziali (“D'immenso giubilo”) e sottolinea il cupo coinvolgimento del coro alla tragedia di Lucia. E il Coro del Teatro alla Scala, ottimamente preparato e diretto da Bruno Casoni, risponde a questa musica di larga presa, con accento appropriato, morbidezza e compattezza del suono, interpretazione accorata.








sabato 20 giugno 2015

Teatro alla Scala Milano CARMEN

Milano Teatro alla Scala


CARMEN

(recita del 4 giugno 2015)

di Giosetta Guerra

Non ce ne sono tante di Carmen con un timbro così scuro e pieno


Anita Rachvelishvili è la vera Carmen: capelli neri lunghi ricci, occhi neri, sguardo di fuoco, bocca rossa carnosa, fisico esuberante, movenze sensuali, scalza, atteggiamento sfrontato, personalità spiccata, temperamento volitivo, corpo vocale di notevole spessore, timbro sensualissimo, colore accattivante, suono rotondo, potenza nell'espansione acuta, leggerezza degli acuti; dolcezza negli attacchi morbidi e filati con messa di voce per “L'amour est un oiseau rebelle”; voce brunita e variegata nella canzone “Tra la la”, suoni carnosi per la Séguedille (“Près des remparts de Séville”) cantata con le mani legate a due lunghe corde calate dall'alto, voce morbida e vellutata in “Là bas dans la montagne”. Brava e credibile.

Francesco Meli s'impone nel ruolo di Don José con un bel getto di voce (“Parle moi de ma mère”), alterna la mezza voce con il canto spiegato, è trascinante nel canto appassionato (“Carmen, je suis comme un homme ivre”), attacca con morbidezza “La fleur que tu m'avais jetée”, ma poi la voce s'inasprisce un po' e le mezze voci non sono fascinose, è meglio quando canta con passione e usa la messa di voce. 
Il suono tenuto in “Adieu pour jamais” e il suo squillo nel duello col torero del 3° atto, che la folla impedisce, sono raggi di sole nello squallore creato da Escamillo. Infine, quando inveisce contro Carmen, Meli porta la voce al massimo, per un'intensa e travolgente scena finale. Successo pieno, ma ruolo da non frequentare assiduamente.
Privo di carisma e di versatilità vocale, il baritono Massimo Cavalletti dovrebbe evitare il non facile ruolo di Escamillo; in piedi sul tavolo della taverna canta con scarsa sonorità, poca potenza e gravi poveri i noti couplets “Votre toast, je peux vous le rendre”, il timbro è buono e la zona centrale è morbida, ma la voce non supera l'orchestra, la voce e la tecnica di canto migliorano alla fine in “Toreador”.

Nino Machaidze in nero col velo è una Micaëla un po' impacciata, canta chiuso ma sale con bei filati e tiene una bella linea melodica, è sempre intubata nella zona grave, ma il suono salendo si apre e diventa bello, anche se gridato, i bei filati risultano un po' forzati, la voce si fa più melodiosa nell'ultima aria, ma l'acuto è gridato.

Frasquita è interpretata da Hanna Hipp, soprano acuto, scintillante che sa usare la mezza voce, Mercédès è Sofia Mchedlishvili, solista dell'Accademia di perfezionamento cantanti lirici della Scala, mezzosoprano morbido, dal timbro vellutato, voce estesa e buona tecnica di canto.
Alessandro Luongo (Moralès) ha voce baritonale un po' aspra, Gabriele Sagona (Zuniga) è un basso con un certo vibrato. Le Dancaïre è Michal Partyka, le Remendado Fabrizio Paesano, une marchande d’orange Alessandra Fratelli, un bohémien Alberto M. Rota, Lillas Pastia Rémi Boissy, un guide (Prete) Carmine Maringola.
Magnificamente preparato il coro del Teatro alla Scala in entrambe le sezioni, possente e robusta quella maschile, ammirevole per la zona acuta limpida e sostenuta quella femminile, negli assiemi la pienezza e la potenza del suono e la morbidezza delle modulazioni creano un piacevole amalgama sonoro. Bravo sia vocalmente che scenicamente anche il Coro di Voci Bianche dell'Accademia scaligera. Maestro del Coro Bruno Casoni.
Meritevole la partecipazione degli Allievi della Scuola di ballo dell'Accademia diretta da Frédéric Olivieri, che stupiscono per la consistente muscolatura e la prodigiosa elasticità nelle spettacolari danze un po' cosacche dei toreri a dorso nudo per la movimentata festa pre corrida, e degli attori della 'Compagnia Sud Costa Occidentale', diretta da Emma Dante, che si è occupata anche della regia.
La sua è una lettura cruda e realistica, con persone calate nella quotidianità (una sigaraia che sta per partorire in scena, persone che spolverano arazzi, altre che apparecchiano) non sempre piacevole e resa peggiore da una sua visione personale, non sempre accettabile, come quando denuncia troppo fortemente soprusi ed abusi delle forze dell'ordine (violenza e sangue sulle sigaraie maltrattate dai militari, fucili puntati contro le donne), e a volte poco comprensibili. Per esempio, perché tra i bambini cantori in divisa militare ci sono anche disabili portati in spalla da adulti, che una volta scaricati a terra diventano saltimbanchi seminudi? Perché le sigaraie sono vestite da suore e uscendo lentamente in fila dalla manifattura buttano il fiore in una vasca, poi si avvicinano agli uomini seduti ai lati, si spogliano, restano in sottoveste e s'immergono nella vasca? (Forse, velo o non velo, le donne sono tutte cittadine di Troia?).Chi sono le bambine con Carmen e perché è una di loro a gettare il fiore a Josè e non Carmen? Questa mossa non ha senso perché Josè poi dirà “La fleur que tu m'avais jetée” a Carmen, che in questo caso potrebbe rispondere “Je ne t'ai jeté rien!”.
Non mi sembra che in Carmen trapeli così fortemente il senso religioso, anche la morte è vista come un arcano mistero che si esorcizza con le carte, eppure elementi ecclesiali continuano ad essere presenti anche in modo incomprensibile, come il prete con i chierichetti, la grande croce nera alla quale si appende a vista in corpo morto del Cristo, le 5 figure bianche tipo fantasmi in lontananza sulla scala, figure che si animano con movenze coreografiche all'arrivo dei toreri per la corrida, 
il gigantesco turibolo con incenso fumante che dondola dall'alto all'inizio del 4° atto sopra una folla bianca sventolante fazzoletti rossi. Inoltre perché alla fine del 3° atto Micaela è adagiata su un enorme letto bianco?
Visivamente lo spettacolo si presenta bene. Nella scenografia il tradizionale si mescola col moderno, così vediamo classiche taverne cui si accede tramite moderni ascensori, moduli architettonici semoventi con tecnologie moderne e tavola imbandita a terra come si faceva durante i lavori dei campi nel 900.
Inquietante la scala appena percettibile sulla parete nera della montagna, dove passano tutti e di tutto. 
Bellissimi i colorati e artistici gruppetti d'insieme, funzionale la scenografia, originale il boschetto con alberi umani.
Bella l'idea di mettere un abito double face a Micaela, che arriva in nero e, sganciando qualcosa in alto, fa cadere la parte esterna e comparire l'interno bianco, tipo abito da sposa a cui i chierichetti aggiungono un gigantesco velo che assume vari significati.
Eccessivo figurare un cimitero animato nella scena delle carte, ma originale l'idea di far simulare le tombe a persone stese a terra con una croce bianca in mano.
Poi sempre per stare in tema di violenza in ogni senso, c'è un tentativo di stupro di Josè su Carmen, alla fine quando lei lo rifiuta, con successivo taglio della gola. Carmen rimane piegata su se stessa, mentre passa la processione con la Madonna. Mah!
Belli i costumi che rimangono nella norma.
Regia e costumi di Emma Dante, scene di Richard Peduzzi, luci di Dominique Bruguière, movimenti coreografici di Manuela Lo Sicco.
L'Orchestra del Teatro alla Scala, diretta da Massimo Zanetti, è morbida nell'accompagnare il canto corposo di Carmen e le danze sfrenate e folkloristiche nella taverna di Lillas Pastia, brillante all'ingresso del torero, deliziosa nella salita alla montagna, altisonante nel tutto orchestrale e delicata con le voci soliste dei fiati nell'affollata piazza di Siviglia vicino all'arena, sciolta nella festa della folla che accoglie Escamillo.




Nino Machaidze, Francesco Meli, Anita Rachvelishvili









venerdì 19 giugno 2015

San Lorenzo in Campo (PS)

Benvenuta estate nel paese della musica








dr.gam in concerto 

ai giardini pubblici 

di San Lorenzo in Campo










 Il Memorial Fausto Guerra, organizzato negli scorsi tre anni dall'Associazione Musicale Mario Tiberini, per commemorare il giovane musicista laurentino scomparso quarant'anni fa, cambia veste ed entra nel progetto musicAmore ideato da Giosetta Guerra, per dare l'avvio al più vasto progetto comunale “San Lorenzo in Campo, paese della musica”. Un paese che voglia onorarsi di questo titolo lo può fare solo se può annoverare nel suo passato personaggi più o meno famosi che hanno lasciato la loro impronta in campo musicale.
 


il tenore Mario Tiberini




E, se per la musica classica siamo fieri di aver avuto Mario Tiberini il tenore stimato da Verdi e amico di Rossini, Livio Borri organista della cattedrale di Modena, maestro di coro e primo maestro di Luciano Pavarotti, Balilla Luzi principal violist dell'Orchestra del Teatro Colon in Buenos Aires Argentina, Raffaele Parroni maestro di banda,





il cantante chitarrista Fausto Guerra

 per la musica leggera non possiamo dimenticare Fausto Guerra, musicista laurentino apprezzato da Mike Bongiorno, Pippo Baudo e Gino Latilla, tragicamente scomparso nel 1973 a soli 25 anni, dopo aver conseguito la laurea in scenografia teatrale presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, e vissuto, anche se per poco, negli anni del cambio di rotta, delle lotte sociali e delle barbe e dei capelli lunghi, in quel pezzo d'Italia che si adagia lungo la Valle del fiume Cesano e che grazie a lui ha ancora oggi, forte, l'idea che un certo modo di pensare e di vivere la musica di quegli anni sia quello giusto.
Ecco perché, la sera del 21 giugno alle ore 21, nella magnifica location dei Giardini pubblici di Viale Regina Margherita a San Lorenzo in Campo, si darà il Benvenuto all'estate con un mega concerto pop, organizzato dall'Amministrazione Comunale di San Lorenzo in collaborazione con l'Associazione Musicale Mario Tiberini, nel ricordo di Fausto Guerra, ambasciatore musicale degli indimenticati anni '70 e di tutti gli altri musicisti laurentini del passato.
Sul palco si esibiranno i due gruppi locali, Rockin' e Nuove Frequenze, oltre a dr. gam con la sua band, ospite fisso e fortemente atteso della serata.
 
La band Rockin', che è la sintesi di "Rockin' the Acoustic Vintage Band", è composto da Diego Marinelli chitarra, Andrea Marinelli basso, Roberto Valentini batteria, Marco Roncolato chitarra acustica e voce; nasce con l'intento di spaziare tra il country, rockabilly, rock 'n' roll e blues, da Johnny Cash a Springsteen passando per i Creedance, Eagles e Neil Young. Un genere d'impatto immediato.




Il gruppo Nuove Frequenze, formato da Chiara Bigari voce, Marco Conti basso e voce, Francesco Peruzzini chitarra, Andrea Barbadoro tastiere, Alberto Tombari sax, Alessandro Tombari batteria, ci farà ballare con le canzoni più note dei nostri tempi.

L'accattivante mix di soul, rock e reggae saliranno in palcoscenico con dr.gam al secolo Andrea Gamurrini (voce e chitarra) e la sua eccezionale band, con Miky Scarabattoli alle tastiere, synth bass e cori, Gughi Marchesini alle percussioni e cori, Graziano Ragni alla batteria.


Noto nel territorio nazionale ed anche in parte all'estero grazie agli innumerevoli concerti in Italia, Austria, Germania, Francia, Spagna e U.S.A. e alla collaborazione con musicisti italiani ed internazionali, dr.gam, dopo una lunga gavetta e la pubblicazione di alcuni albums ritenuti da lui stesso dei prono giovanili, nel 2009 esce con l'album live "The New medicine Show" prodotto da Vallemania Records, cui segue un tour tutto italiano di 120 date durato due anni che viene video-raccontato nel clip "The New Medicine Show live tour" uscito nel 2012 prodotto da White Coal Productions.
Di prossima uscita il video del singolo "Our Roots", girato a Port Antonio (Jamaica) e l'attesissimo nuovo album di inediti "Another Family”, che, addetti ai lavori ritengono essere l'opera album della giusta consacrazione dell'artista al grande pubblico.



 

Un ringraziamento ai gruppi che offrono la loro performance, all'Amministrazione Comunale che è entrata nel progetto, all'Associazione Musicale Mario Tiberini promotrice di eventi di qualità, alla BCC di Pergola, alla Ditta Alluflon di Mondavio e al Balù Bar di San Lorenzo in Campo, che sostengono questa manifestazione.





martedì 16 giugno 2015

FAUST

opera in cinque atti tratta dall’omonimo poema di Wolfgang Goethe, libretto di Jules Barbier e Michel Carré, musica di Charles Gounod

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Torino in coproduzione con Israeli Opera – Tel Aviv e Opéra de Lausanne
(recita del 5 giugno 2015)

Cupo e visionario l'allestimento di Stefano Poda, che sceglie di scavare nel groviglio dei temi esistenziali e proietta azioni e personaggi entro luoghi simbolici.

recensione di Giosetta Guerra 

Faust è un'opera dai forti contrasti: angeli e demoni, sacro e profano, sovrannaturale e realtà, amore ed erotismo, castità e tentazione, virtù e trasgressione, perdizione e redenzione, idillio e sesso sfrenato, con pennellate di grottesco; è lunga, intricata, problematica, perciò un allestimento tradizionale, col rispetto di ambienti, colori, atmosfere, caratteri, azioni, renderebbe più facile la sua comprensione. Ma per chi conosce l'opera è stimolante cercare allestimenti particolari, dove l'occhio oltre che guardare deve anche scrutare. L'allestimento di Stefano Poda, che ha curato scene, regia, luci, costumi, coreografie al Teatro Regio di Torino non è sempre chiaro perché è visionario e sintetico, ma è originale, artistico, elegante e studiato in ogni dettaglio. Purtroppo da lontano molti particolari sono sfuggiti alla vista, rendendo difficile la comprensione di certe scelte, che ho capito poi guardando le foto.
Un enorme anello ferrigno domina la scena per tutta l'opera, girando in orizzontale, in verticale e in tralice, spostandosi in alto, in basso e sul fondo, segna i confini degli ambienti dove compaiono gli elementi essenziali: 
un mucchio di libri per lo studio di Faust, sagome bianche stilizzate di alberi per il giardino, proiezione graduale di una croce di luce bianca su fondo nero per la chiesa, 

pioli in ferro per entrare e uscire dal cerchio posato a terra per nascosti approcci erotici, 
lunghi fili che s'intersecano per mimare la prigione con Margherita, 

gambe nere femminili emergenti dall'anello nero, che alzandosi mostra un ammasso di 
persone nude che si danno alle danze nel Baccanale, mentre sgorbi neri saltellanti simili a ragni (bravissimi saltimbanchi) danno l'idea del peccato, reso ancor più accattivante dai colori attorno. In terra sono scritte frasi in tedesco, forse tratte dall'opera di Goethe. Il colore dominante della scena è il grigio, rischiarato da un attento disegno luci provenienti da varie direzioni.
I costumi alcuni dalle linee moderne, altri di un'eleganza spinta, particolari quelli delle coriste con grandi cappelli, sulle tonalità del rosso e del nero, bianco e rosso per Margherite, bianco per gli angeli, alleggeriscono la cupezza degli ambienti. Faust e Mefistofele sono spesso a dorso nudo. Originale la disposizione delle masse, atte a creare effetti scenici e quadri suggestivi basati anche sui contrasti cromatici. 
Le danze, che avrebbero alleggerito la tensione e avrebbero completato la bellezza delle musiche, sono sostituite da movenze sceniche di vario tipo, idea originale e pregevole quella delle braccia concatenate dei coristi che simulano l'onda, ma meno trascinanti della danze. La regia è molto attenta agli effetti d'insieme, alle azioni dei personaggi, a mettere in evidenza il personaggio stesso, ma segue una sua visione o aggiunge particolari talvolta poco comprensibili, come i palloncini neri che Mefistofele fa scoppiare nella sua aria con la risata satanica o gli ombrelli neri con cui poco dopo arriva la folla tutta nera sotto una luce sinistra. Dalle foto vedo che le donne coi palloncini neri sono incinte e lo scoppio dei palloncini potrebbe simulare l'aborto di Margherita. Sbaglio? 

 
Il regista sceglie una linea cupa, togliendo le danze e prediligendo tinte prive di colore, che trasmettono l'inquietudine, ma l'alleggerisce con la composizione artistica di colorati tableaux vivants.

La musica di Gounod è molto accattivante, il contrasto delle situazioni è delineato dalla varietà degli stili musicali, che l'Orchestra del Teatro Regio di Torino esegue con pulizia del suono, ritmo sostenuto dopo un inizio in sordina, sonorità trascinanti, sotto la guida del direttore Gianandrea Noseda, attento e appassionato interprete della scrittura e delle intenzioni musicali di Gounod. La musica è un tessuto ricamato sotto la parola, la densità del suono sostiene le voci, l'accompagnamento è a volte tumultuoso, a volte dolcissimo, a volte palpitante. Il fragore orchestrale presenta Mefistofele, una musica vellutata e sfuggente ci introduce nel giardino, il tempo di marcia accompagna i soldati di Valentin e donne rosse gesticolanti, la voce dell'organo si fa sentire nella scena della chiesa.

Sul piano vocale il migliore è Ildar Abdrazakov, un bel Méphistophélès giocoso e stimolante, dalla voce possente, ampia e di bel colore, sonorità accattivanti e belle arcate, canta con vigore la “Chanson du veau d'or” in piedi sopra la massa corale (la scena mi ricorda Ramey nel Maometto di Pizzi), esegue con correttezza di stile la serenata “Vous qui faites l'enormie” (ma ho sempre nelle orecchie la risatazza più variegata di Ramey), possente quando invoca gli spiriti del male contro Margherita, poderoso nella notte del peccato. Comunque, fermo restando che Ramey è il punto di riferimento per tutte le figure diaboliche dell'opera, Abdrazakov ha una magnifica voce di basso ben gestita in tutti i registri.

Doctor Faust ha la voce robusta di baritenore di Charles Castronovo, che risulta un po' pesante nella cavatina “Salut! Demeure chaste et pure”, perché la canta con timbro baritonale e coi suoni chiusi, sbianca l'acuto su “presence” tenuto a lungo ma in modo poco fermo, quando emette voce tenorile lo fa in falsetto o a mezza voce. Per me non è adatto a questo ruolo.
Per Valentin Vasilij Ladjuk esibisce voce baritonale estesa e piena in tutti i registri, canto sostenuto ma poco raffinato nella cavatina “Avant de quitter ces lieux”, esteso e incisivo nel duello con Mefistofele.

Irina Lungu nel ruolo di Marguerite inizialmente esibisce voce flebile, canta bene l'air des bijouxAh! Je ris de me voir”, ma la voce è piccola e l'effetto è povero (forse è posizionata troppo indietro, perché quando avanza il volume aumenta); in corso d'opera la voce acquisisce più corpo, gli acuti sono lancinanti, l'interpretazione è accorata e nel canto c'è tanta dolcezza.
Ketevan Kemoklidze è un mezzosoprano consistente dal bel colore vibrante che interpreta Siebel con canto irruento.
Samantha Korbey, Marthe in tailleur, è piuttosto ingolata, nella scena del giardino cammina sull'orlo del grande cerchio e amoreggia vogliosa con Mefistofele, mentre gli altri due formano una coppia piuttosto ritrosa, ma anche Faust e Mefisto camminano spesso sui bordi del grande anello.
Wagner è Paolo Maria Orecchia.

Il coro maschile in rosso presenta una magnifica qualità vocale ed una splendida compattezza del suono, gradevolissima la resa vocale e sonora delle coriste, sempre elegantissime con particolari tailleurs lunghi, rossi o neri o bianchi e grandi cappelli neri o bianchi, amalgama sonoro pieno e pastoso negli insiemi. Di alto livello la prestazione del Coro del Teatro Regio di Torino, accuratamente preparato dal M° Claudio Fenoglio.




 Foto di Eduardo Piva/Ramella